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NOTIZIE DAL CORRIERE DELLA SERA 
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Una luce può salvare la cornea In sperimentazione un metodo per bloccare l’evoluzione del cheratocono con una tecnica inventata in Germania STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
Per risolvere il cheratocono, malattia che colpisce da giovanissimi e nel giro di pochi anni costringe molti al trapianto di cornea, forse basterà presto un intervento in day hospital. Lo dimostra l’Eye Cross 2004, sperimentazione italiana di una tecnica ideata cinque anni fa da Theo Seiler, oculista tedesco che da allora ha trattato con successo molti pazienti a Berlino e Zurigo. Il metodo, cui verrà dedicato ampio spazio nel corso del Congresso Internazionale di Oculistica Refractive on-line che si terrà nei prossimi giorni a Milano, è approdato in Italia un anno e mezzo fa ed è il cosiddetto cross-linking del collagene corneale con riboflavina e raggi UV. A dispetto del nome complicato il trattamento è semplice, poco costoso e avviene per via ambulatoriale: sotto anestesia locale, al paziente viene "grattata" via parte della superficie corneale e applicata riboflavina, ovvero vitamina B2. L’occhio è poi irradiato per mezz’ora con raggi ultravioletti A (UVA) che promuovono l’ispessimento del collagene corneale e la sua foto-polimerizzazione, cioè la formazione di "reti" che stabilizzano il tessuto. Perché nel cheratocono il problema è proprio l’indebolimento progressivo della cornea, che comporta un astigmatismo asimmetrico difficile da correggere.

«Di norma l’evoluzione della patologia si arresta verso i 35 anni, quando la cornea inizia a indurirsi spontaneamente. Il trattamento mira a irrigidirla prima, bloccando così il decorso della malattia» spiega il professor Aldo Caporossi, responsabile dello studio italiano e direttore del Dipartimento di Scienze Oftalmologiche e Neurochirurgiche dell’Università di Siena. «La tecnica, oggi in fase di avanzata sperimentazione, è assai efficace e restituisce alla cornea una buona simmetria e regolarità, migliorando l’astigmatismo e l’acuità visiva». La rigidità della cornea aumenta del 70%: la speranza è che l’effetto duri nel tempo, per ritardare o eliminare la necessità di un trapianto. «La seconda fase della ricerca, da poco iniziata, valuterà se e quanto la procedura possa fermare la malattia nei pazienti giovani, che si trovano nel periodo evolutivo della patologia» informa Caporossi. Di certo la stabilizzazione della cornea dura almeno due, tre anni, ovvero il tempo medio per il rinnovo del collagene. Se poi la malattia riprende è comunque possibile sottoporsi di nuovo al trattamento, il cui unico rischio risiede nell’asportazione meccanica di parte della cornea. «Ciò che conta è arrivare al più presto alla diagnosi» osserva Paolo Vinciguerra, responsabile dell’Unità di Oculistica dell’Istituto Humanitas di Rozzano (MI). «Il cheratocono colpisce uno su duemila in giovanissima età, perciò le visite di controllo in bimbi e adolescenti devono essere regolari e accurate».

SI TRATTA SEMPRE DI UNA SPERIMENTAZIONEMA GIUSTO CHE SI SAPPIA

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LORIS
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sabato 14 gennaio 2006, 0:28
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