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PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a concederlo? http://www.associazionecheratocono.it/forum/viewtopic.php?f=28&t=4356 |
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Autore: | arisxz [ mercoledì 24 aprile 2013, 17:16 ] |
Oggetto del messaggio: | PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a concederlo? |
Ciao a tutti, sono nuova nel forum, ho un cheratocono bilaterale molto forte nell'occhio destro, 5 stadio evoluto con opacità dell' apice. Prima o poi dovrò fare un trapianto, ma finchè resisto vado avanti con le LAC, che sono per forza rigide. Sono assunta a tempo indeterminato in una società di consulenza informatica e da quando uso le LAC ho molti problemi e fastidi con l'utilizzo del PC. Arrivo a sera con gli occhi molto arrossati, che mi fanno molto male, mal di testa e sono costretta a togliere le lenti appena arrivo a casa, non vedendo piu nulla. Un orario part-time mi gioverebbe molto perchè i miei fastidi iniziano al pomeriggio. E credo che anche 6 ore, invece che 8-9 mi potrebbero andare bene. Ho parlato del mio problema con il medico aziendale, che inizialmente mi detto che secondo lui non ci sarebbero stati problemi a chiedere un part-time, ma poi parlando con l'azienda il discorso è virato sul concedermi delle pause al pc. Ma con le pause la mia situazione non cambia. Vorrei farvi una domanda: con il documento di un oculista che certifica che è molto sconsigliabile per me l'utilizzo del PC per tutta la giornata, ed eventualmente anche con una dichiarazione del medico aziendale...L'AZIENDA E' TENUTA a concederti il part-time(ovviamente riducendomi lo stipendio) o rimane a loro discrezione? Il part-time purtroppo non rientra nelle loro normali politiche aziendali, ma mi chiedo, per un problema del genere sono costretti a darlo oppure possono anche dire di no? Se io, un domani, sviluppassi un'intolleranza alle lenti, anche causata dal mio lavoro al pc, e se fossi cosi costretta a fare il trapianto, con tutti i disagi del caso, non potrei rivalermi su di loro per aver peggiorato lo stato di salute dei miei occhi? Al momento in azienda hanno dirottato il discorso sulla "concessione" di pause, che però non migliorano i miei fastidi, cosi vorrei provare ad insistere sul part time anche chiedendo al mio oculista di rilasciarmi dell'altra documentazione. Qualcuno ha avuto esperienze simili? |
Autore: | arisxz [ mercoledì 24 aprile 2013, 17:17 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
scusate, ho dimenticato il punto di domanda "? "nel titolo |
Autore: | arisxz [ venerdì 26 aprile 2013, 9:37 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
ho dato un'occhiata a quello che è scritto sul forum riguardo alla legge 104\92 , che dà diritto a una riduzione di 2 ore per gravi motivi di salute, e se ho capito bene, il cheratocono non rientra nelle casistiche. Specifico però che NON mi interessa avere la riduzione di orario retribuita, VORREI SOLTANTO CHE MI CONCEDANO UN PART-TIME (con ovvia riduzione dello stipendio) di 6 ore al giorno, appunto perchè già nel pomeriggio ho grossi problemi a stare davanti al monitor. Qualcuno sa dirmi se ho qualche diritto ad ottenerlo?E se, per farlo, devo iniziare la pratica all'ASL per ottenere il 5% di invalidità? Grazie mille, vi prego aiutatemi sono disperata |
Autore: | Betty74 [ venerdì 26 aprile 2013, 14:31 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
Ciao, non so dirti con esattezza come procedere, però posso confermati che la tua considerazione circa una eventuale "responsabilità" del tuo datore di lavoro in un eventuale peggioramento della patologia (nel tuo caso in particolare del problema opacità, che è senza dubbio correlato all'uso continuo di lac...) è fondata e da tenere ben presente per cercare di avere una riduzione di orario; l'ente presso cui lavoro, emersa la malattia, si fece come principale scrupolo quella di non incorrere in questo tipo di problema (e ti assicuro che i dirigenti degli enti pubblici sono maestri nel pararsi il c.....), per cui ricordo che il medico del lavoro scrisse sul referto: "uso del pc cauto e discontinuo"; (io in realtà lo uso sempre, ho ridotto l'orario di un'ora alla sera, ma per problemi di guida, non tanto di pc) la l. 104 non è utile secondo me, trattadosi di disabilità secondo me, in un caso come il tuo c'è assolutamente il margine per ottenere un part-time (forse è più caso di parlare di 626, ma ci vuole qualcuno ferrato giuridicamente per muoversi nella maniera opportuna); il mio consiglio è: senza creare indicidenti diplomatici col tuo datore di lavoro, informati presso un sindacato o patronato (posso dirti che in cgil hanno gente preparata, almeno dalla mie parti, ma sicuramente anche le altre sigle sapranno il fatto loro) rivolgiti cmq a qualche struttura che abbia perfetta cognizione in materia di diritto del lavoro (la normativa è varia complessa, diversificata tra i vari settori e contratti), secondo me qualcosa puoi certamente fare... il part-time è una concessione del datore di lavoro, ma visti i validi motivi che ti spingono a chiederelo, io penso che la scappatoia ci sia chiedi collaborazione e consiglio anche al medico del lavoro: sicuramente ci deve essere un suo pronuciamento circa la tua possibiltà di stare così a lungo al pc l'idoneità al lavoro del medico del lavoro può essere data "con prescrizione", cioè purchè lo svolgimento abbia determinate caratteristiche.... magari lui non ha la competenza specifica per farlo, ma se il tuo oculista certifica che NON PUOI tenere le lac tutte quelle ore, un medico del lavoro deve prenderne atto in sede di visita del lavoro magari non sarà semplice, ma i margini dovresti averli informati bene e preparati a parecchia burocrazia.. è l'unica strada, ma vale la pena tentare auguroni |
Autore: | marcatonio64 [ lunedì 29 aprile 2013, 14:06 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
Ciao Il mio consiglio e di parlarne e di trovare un accordo con il datore di lavoro. Purtroppo il cheratocono da una invalidità ridicola che non ci permette di poter negoziare degli aiuti a norma di legge. Ci sono cose che spesso non possiamo fare e di solito sono le più importanti. Robert Musil |
Autore: | luthor [ lunedì 29 aprile 2013, 20:50 ] | |||||||||
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder | |||||||||
Che significa : "uso del pc cauto e discontinuo"? Cosa dovresti fare, in pratica, quando non fai uso del pc? (te lo chiedo perchè, nella mia esperienza di impiegato pubblico, non esiste alcuna attività che possa essere svolta senza pc, salvo quello di guardiania e di pulizia). |
Autore: | arisxz [ martedì 30 aprile 2013, 10:57 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
Ciao, sto cercando di capire cosa si possa fare. Un medico legale mi ha confermato che invalidità civile e 104 non sono ottenibili e sono dunque da scartare. Rimane, riporto quanto da lui scritto: 1) la possibilità da esaminare in termini di idoneità al lavoro e quindi ricondotta alla 626 e alla 81/2008. 2) l'unico "grimaldello" che si possa utilizzare è quello di ottenere una relazione di Medicina del Lavoro che attesti la necessità del part-time. In tal senso però non sa consigliarmi (xè si occupa di altro), ma di solito in tali casi mi ha detto di provare a rivolgermi alla Clinica del Lavoro di via della Commenda, Milano, per avere un'indicazione sul da farsi. Ho anche chiesto ad un conoscente avvocato del lavoro, credo però non molto preparato, che mi ha paventato il rischio di un licenziamento per giusta causa (in quanto ho problemi con il pc). Ma secondo voi muovendomi per un part-time per motivi di salute, posso rischiare di perdere il lavoro?Mi sembra allucinante...... |
Autore: | marcatonio64 [ martedì 30 aprile 2013, 11:55 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
Ebbene si se non sei più idoneo per il lavoro che sei stato assunto possono licenziarti. Ho un esempio in famiglia, con battaglie legali, sindacali etc.... Per questo ti dico che l'unico metodo e trovare un accordo con il datore di lavoro. ciaooo |
Autore: | Betty74 [ martedì 30 aprile 2013, 15:14 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
Calma, calma, calma… : È vero che il lavoro dipendente è stato abbondantemente deregolato, ma qualche punto fermo rimane e così pure qualche garanzia: che il licenziamento per giusta causa possa ricomprendere i motivi di salute mi sembra una tesi quantomeno azzardata, giacchè mette il datore di lavoro in una posizione assai scomoda, leggi qui: (ti ho messo in neretto le parti salienti, ma il testo è quello del link che trovi in calce) “La nuova legge si occupa dei licenziamenti discriminatori, per i quali è prevista la reintegrazione, in caso di accoglimento della domanda da parte del Giudice. Non si tratta di una novità, visto che non solo l’art. 3 della L.108/1990 disponeva espressamente la reintegrazione per i casi accertati di licenziamento discriminatorio, ma diverse altre leggi sancivano la nullità degli atti riconosciuti come discriminatori, con ciò implicitamente stabilendo la sanzione della reintegrazione nei casi di licenziamento. Si può dire, per sommi capi, che si ha una discriminazione, rilevante a questi fini, ogni volta che un soggetto venga trattato in modo più svantaggiato di altri in determinate situazioni (con un criterio, quindi, di tipo comparativo), oppure ogni volta che un soggetto subisca un provvedimento (negativo) in ragione di certe caratteristiche che la legge intende invece proteggere. Ecco un elenco, che non potrà mai essere tassativo, di discriminazioni vietate: - discriminazioni di genere; - discriminazioni basate sull’età; - discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale; - discriminazioni basate sulla disabilità; - discriminazioni religiose; - discriminazioni basate sull’origine etnica; - discriminazioni in base alla razza; - discriminazioni politiche; - discriminazioni sindacali; - molestie o molestie sessuali; - discriminazioni basate sulle condizioni sociali; discriminazioni basate sulle condizioni e caratteristiche personali; - discriminazioni basate sulla lingua; - discriminazioni basate sulle caratteristiche fisiche, sui tratti somatici, sull’altezza, sul peso; - discriminazioni basate sullo stato di salute; - discriminazioni basate sulle convinzioni personali. La legge inoltre equipara al licenziamento discriminatorio, quanto ad effetti, quello intimato in concomitanza con il matrimonio, quello disposto in violazione del divieto di licenziamento in materia di tutela della maternità e della paternità, e infine il licenziamento riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o quello fondato su motivo illecito determinante ai sensi dell’art.1345 c.c. Infine, anche il licenziamento intimato per ragioni economiche (giustificato motivo oggettivo) può determinare l’ordine di reintegrazione da parte del Giudice, qualora nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti invece determinato da ragioni discriminatorie. C’è ancora da tenere conto del fatto che se le ragioni economiche poste a fondamento di un licenziamento risultano insussistenti, il licenziamento stesso si configura come licenziamento discriminatorio, in quanto, eliminata la causale economica, resta solo il fatto che l’impresa ha scelto di eliminare quel certo dipendente per sue caratteristiche personali non gradite: tal genere di licenziamento può sicuramente essere definito come discriminatorio.P er quanto attiene la dimostrazione della discriminazione, il punto 4 dell’art.28 del D.Lgs.150/2011, stabilisce l’inversione dell’onere della prova (mutuato dalla L.125/1991) sancendo che “quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione. I dati di carattere statistico possono essere relativi anche alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata”. La prima considerazione da svolgere riguarda la non tassatività dell’elenco sopra indicato. Con l’art.4 della L.604/66 e poi l’art.15 della L.300/70 (Statuto dei Lavoratori), con le integrazioni introdotte dall’art.13 della L.903/77 (Legge di Parità), e l’art.4 della L.125/1991 (Azioni Positive), poteva probabilmente sostenersi che le ragioni discriminatorie che rendevano illecito il licenziamento fossero solo quelle specificamente indicate dalla legge (sindacali, politiche, religiose, razziali, di lingua e di sesso). Ma l’introduzione nell’ordinamento delle disposizioni di cui ai D.Lgs. 215 e 216 del 2003 hanno allargato il campo delle discriminazioni sino a ricomprendervi handicap, età, orientamento sessuale e convinzioni personali, dilatando gli atti vietati fino a ricomprendere qualunque finalità diversa da quelle positivamente ammesse dall’ordinamento (M.T. Carinci, 2012). E pertanto qualunque causa giustificativa diversa da quella tecnico-organizzativa ammessa dall’ordinamento, come tale collegata a caratteristiche, opinioni, scelte della persona del lavoratore prive di attinenza con la prestazione lavorativa, è per ciò stesso discriminatoria e illecita e può perfino prevalere su un’eventuale causa tecnico-organizzativa concorrente (M.T. Carinci, ib.). Bisogna poi osservare che le direttive europee hanno modificato profondamente negli anni la nozione di discriminazione, superando il giudizio di tipo comparativo e introducendo quello di natura assoluta. La nozione di discriminazione accolta dalle direttive europee tende a superare la struttura tradizionale della tutela antidiscriminatoria che presuppone una comparazione con altri soggetti; non è più necessario ormai prendere in considerazione il gruppo, cioè il numero di persone colpite da un certo atto, ma è sufficiente guardare solo alla situazione dei singoli individui (Barbera, 2007). In questa logica, per fare un esempio, un lavoratore sessantenne licenziato per motivi economici potrebbe sostenere, a prescindere da qualsiasi comparazione con altri lavoratori licenziati o altri lavoratori mantenuti in organico, che la ragione sottesa alla sua eliminazione è quella anagrafica. Il confronto con il gruppo di riferimento potrebbe essergli utile per giovarsi dell’inversione dell’onere della prova di cui all’art.28 D.Lgs.150/2011, ma l’azione sarebbe esperibile anche a prescindere dal riferimento al gruppo, dimostrando la propria utilità tecnico-organizzativa e quindi l’incomprensibilità della sua estromissione, se non per un atto discriminatorio in ragione della sua età anagrafica. L’esempio è probabilmente estensibile a tutte le discriminazioni indicate nella scheda precedente: a prescindere dalla comparazione con la platea di riferimento (che, appunto, consentirebbe l’inversione dell’onere della prova), ogni licenziamento attuato in danno di un soggetto che faccia parte di una delle categorie di cui alla scheda, che possa dimostrare la propria utilità tecnico-organizzativa, deve essere annullato in quanto discriminatorio, con la conseguenza della reintegrazione nel posto di lavoro Ma la vera novità di questa riforma è il fatto di costringere gli operatori del diritto a ragionare in termini radicalmente nuovi e diversi dal passato. E’ infatti indispensabile dare inizio a un’operazione culturale e giuridica che costringa tutti gli operatori del diritto a utilizzare fino in fondo tutte le possibilità offerte dalle norme antidiscriminatorie. Il concetto di discriminazione è, diciamolo francamente, un concetto che ci è praticamente ignoto: solo una vicenda grossolana e esageratamente sproporzionata può essere colta da chi ha sino ad oggi ignorato il problema. Se escludiamo le donne che ancora una volta sono avanti anni luce rispetto ai maschi e che hanno sollevato e sollevano le questioni di genere sin dal 1977 (L.903), gli avvocati maschi (e anche diverse avvocate) non hanno la percezione dell’esistenza del problema. Quante volte è capitato che avvocati pur aperti e sensibili abbiano affrontato un licenziamento provando a immaginare se vi sia stata una discriminazione Quante volte hanno verificato se i loro assistiti facessero parte o meno di una categoria che potrebbe essere discriminata Quante volte hanno provato a immaginare che l’inesistenza di una causale a sostegno di un licenziamento poteva nascondere una discriminazione Quante volte hanno seriamente intervistato i propri assistiti onde verificare l’esistenza di caratteristiche o convinzioni personali che potessero avere scatenato una reazione illecita discriminatoria La riforma Fornero, con la sanzione reintegratoria collegata al licenziamento discriminatorio, costringe tutti gli operatori a ripensare al proprio modo di lavorare e di istruire le cause: sostenendo la discriminazione ci si incanala in un sistema che ha come sbocco la reintegrazione nel posto di lavoro e non solo una indennità risarcitoria. Sul piano concreto, la prima cosa da fare, per un vertenziere come per un avvocato, quando si ha a che fare con un licenziamento, è quella di interrogare a fondo il lavoratore per individuare eventuali specificità che consentano di farlo rientrare in una delle ipotesi di discriminazione vietate o in una diversa e autonoma ipotesi discriminatoria. Solo attraverso una seria e approfondita analisi delle caratteristiche personali del lavoratore si può dare una valutazione delle possibilità di introdurre l’impugnazione del licenziamento sotto il profilo della nullità per ragioni discriminatorie. Nel caso di licenziamento discriminatorio in termini relativi (cioè in raffronto con un gruppo), è indispensabile raccogliere dati analitici sulle persone in posizione analoghe (sia i licenziati, sia i rimasti in organico) onde poter fornire elementi di fatto, anche di natura statistica, dai quali possa desumersi la discriminazione, per potersi giovare dell’inversione dell’onere della prova (art.28 D.Lgs.150/2011). Nel licenziamento in cui si affronti il tema della discriminazione in termini assoluti, bisogna raccogliere tutti i fatti e le circostanze specifiche relative alla persona del lavoratore, da cui possa farsi derivare l’ipotesi discriminatoria. In ogni caso è bene ricordare che le conclusioni in tutti i ricorsi di impugnazione dei licenziamenti economici, che, quanto a motivazione, saranno la stragrande maggioranza, dovranno essere finalizzate a rivendicare la discriminazione, il motivo illecito determinante e la sanzione disciplinare simulata, dopo avere smontato (ove possibile) la motivazione economica.” Direi che non è proprio detto fatto liberarsi di un lavoratore konico! in secondo luogo: nel tuo caso non si tratta di essere inabile per la tua mansione, ma solo di ridurre la prestazione lavorativa (con relativa riduzione di stipendio) prevista dal tuo contratto; è una banale questione di orario, insomma in ogni caso, quando un sopravvenuto problema di salute impedisca l’attività lavorativa per cui si è stati assunti, io credo che il datore di lavoro sia tenuto IN PRIMO LUOGO a provvedere ad una ricollocazione all’interno dell’azienda dimostrando (con onere della prova a suo carico!) l’impossibilità a farlo in caso contrario; ti invito a rivolgerti a sindacati, più che ad avvocati: la tutela del lavoratore è materiale sindacale, gli avvocati in genere fanno la parte aziendale!!! (e nemmeno credo che un medico legale possa essere addentro ad una questione così specifica…) Per rispondere, invece, al quesito sull’”uso cauto e discontinuo”, invece, è evidente che non si tratta di lavorare senza il pc, ma di farlo in modo “non intensivo”: - Pause senza limitazioni: quando è necessario, in sostanza (non i 10’ ogni due ore che mi pare siano lo standard”) - possibilità di interrompere se devo mettere lacrime artificiali (o magari, per chi le porta, levare dieci minuti l e lenti..) o semplicemente far riposare un po’ gli occhi - fare una mansione alternativa di tanto in tanto (archiviazione, etc..) - avere una illuminazione adeguata dell’ufficio e del piano di lavoro è vero che, nel pubblico e non, le mansioni che non prevedono l’uso di pc ormai sono poche: uscieri, sportello informazioni, operai, bidelli…. certamente esistono invece le possibilità per usarlo un po’ meno: da noi c’è la biblioteca, per esempio, oppure il settore vigili urbani che sta molto sul territorio e poco in ufficio però ogni ente ha le sue peculiari figure professionali, non si può generalizzare io, comunque, prima di disperarmi mi informerei per bene e nel posto giusto ovviamente senza piantare grane col datore di lavoro (fatto sempre sconsigliato..), ma solo facendo capire che sai bene quali sono i tuoi diritti... In bocca al lupo il testo allegato è questo, facendo una veloce ricerca su google http://www.di-elle.it/index.php?url=/co ... /view/953/ |
Autore: | arisxz [ martedì 30 aprile 2013, 15:51 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
ciao betty, ti ringrazio per la tua risposta... Il discorso del licenziamento per giusta causa sembrava un po eccessivo anche a me, che non so nulla di leggi. Ho scoperto che ai sensi del Decreto Legislativo 81/2008 (art.41, commi 2, 6, 6bis, 7,8,9) il Medico Competente (medico aziendale) è la figura che esprime il giudizio sulla mansione specifica del lavoratore. Per cui è il medico aziendale che deve attestare in azienda se devono o meno farmi lavorare non piu di un tot di ore al giorno. So che il medico aziendale si è sentito con l'Amministrazione del Personale ed inizialmente ha parlato di un part-time, ma quando loro gli hanno detto:"ma se noi le facciamo fare parecchie pause, il part-time è sempre necessario o no?"...allora il medico aziendale ha detto che con le pause il discorso cambiava. Questo è quello che mi è stato riferito dall'Amministrazione. Specifico che il medico aziendale per ora ha visto solo un foglio molto riassuntivo del mio oculista (e forse nemmeno l'ha letto)in cui si SCONSIGLIAVA l'uso prolungato del pc. Non c'era scritto altro di piu forte diciamo... Dovrei rivedere il medico aziendale tra 2 settimane e portarle tutta la mia documentazione. A questo punto stavo pensando di chiedere al mio oculista qualcosa di piu "categorico". Ma mi chiedo, che cosa??? Sono convinta che se lui parlasse esclusivamente del problema "uso del pc", in azienda mi liquiderebbero, come stanno facendo, assegnandomi attività per cui secondo loro l'utilizzo del pc è moderato...E cosi, appunto, fine del problema secondo loro... Io ho veramente bisogno di questo part-time, e il problema delle lenti ce l'ho non soltanto a causa del pc. Le lenti mi danno comunque dei fastidi, che sono amplificati dall'uso del pc, ma rimangono ugualmente. Inoltre sono una neo mamma con bimbo di un anno e, se qualcuno è genitore può capire come sia difficile la mia vita con un lavoro per cui non arrivo a casa prima delle 19.30, se tutto va bene... Se mi spediscono in consulenza fuori città con la scusa che si tratta di un'attività per cui non utilizzerei quasi mai il pc, alla fine mi farebbero un torto ancora peggiore... Potrei far scrivere al mio oculista che non posso usare le lenti a contatto per piu di un TOT ore al giorno, in modo che il discorso del pc possa anche essere superato da un problema piu generale con le lenti a contatto?O in tal caso rischierei di incorrere in rischi licenziamento o altro? Credo che il medico aziendale, con una documentazione appropriata, sia convincibile a chiedere in azienda un part-time, ma appunto devo porre la questione in modo che l'azienda non possa, con la solita ipocrisia, ignorare la mia richiesta... |
Autore: | marcatonio64 [ martedì 30 aprile 2013, 16:16 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
ciao Betty Hai pienamente ragione, ma nelle piccole aziende private non pubbliche se ne fregano delle leggi o normative, ti danno un calcio in culo e fuori dai maroni , ed inizia il via vai con lotte sindacali, tribunali etc.... non dimentichiamoci che viviamo in Italia. |
Autore: | Betty74 [ martedì 30 aprile 2013, 19:23 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
Sì, marcantonio ha ragione: siamo in italia e il calcio in culo è dietro l’angolo per cui non si deve rischiare senza avere “le spalle coperte”…per questo ti ho invitata ad informarti in modo attento e scrupoloso prima di fare qualunque mossa, purtroppo qui nessuno ha la competenza per farlo, ma esiste il modo per avere tutte le informazioni del caso Ed è vero che Io ho la fortuna di stare in un posto pubblico, ma non credo però che un’azienda privata possa fare tutto ciò che vuole Prima di tutto quanti dipendenti ha? Punto secondo: si è chiarito qualcosa sul ruolo del medico del lavoro e come immaginavo spetta a lui stabilire il tuo grado di idoneità alla mansione Da quel che dici, però, insistere sulla questione pc può essere controproducente…quindi è opportuno capire con lui la strategia migliore sul da farsi Considera che il medico del lavoro tutela te, non l’azienda, quindi io fossi in te lo sentirei DIRETTAMENTE, e non tramite l’amministrazione; noi veniamo invitati dal medico del lavoro a segnalare qualunque tipo di problematica emerga nello svolgimento del lavoro, non certo al nostro dirigente, ma direttamente a lui, visto che la salute è roba nostra e non del datore di lavoro! (e poi c’è pure una questione di privacy) Quindi, in prima istanza: vis à vis col tuo medico del lavoro verifica se è proponibile un discorso di part time collegato al porto prolungato di lac Perché è molto diverso (credo qualunque oculista lo possa certificare) fare pause lac o ridurre l’uso quotidiano delle stesse da 10 ore a 6 ore, tanto per fare un esempio Se però il rischio è venire “declassati” (ma anche questo è discriminatorio e non so quanto lecito…), puoi evidenziare che hai problemi di guida (come è successo a me), con difficoltà soprattutto serali per cui avresti necessità di lavorare in orari diurni, il che toglierebbe di mezzo anche trasferte improbabili Tieni conto che l’azienda rischia parecchio a farti mobbing su una questione come questa, quindi non ti arrendere…..chiedi informazioni Tu riesci a garantire un lavoro svolto come si deve al pc per 4 o 6 (non so quanto vuoi chiedere al giorno…) filate? Se sì, credo non ti possa proprio licenziare, né declassare…è una roba da denuncia E loro lo sanno… Ma veramente, vai da un sindacato, sono gli unici che ti posso dare una mano…almeno a livello di informazioni Non si può cedere su una questione così fondamentale come il diritto al lavoro |
Autore: | arisxz [ giovedì 2 maggio 2013, 11:13 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
Ciao, la mia azienda conta circa 200 dipendenti e fa parte di una Holding di circa 3000 dipendenti , quindi non si tratta certo di una piccola azienda... Ho chiamato il sindacato e mi hanno detto di andare alla mia ASL e prendere appuntamento con il medico di Medicina del Lavoro della ASL, che farà una valutazione in base ai miei documenti medici e mi rilascerà un ulteriore certificato....quindi aggiuntivo a quello dell'oculista e in qualche modo piu ufficiale....ma comunque senza una vera valenza legale. Dovrei poi portare questi documenti al medico aziendale e vedere cosa mi dirà. Il sindacato mi ha fatto notare che trattandosi di "medico aziendale", cercherà sempre di fare di piu gli interessi dell'azienda, non i nostri.... Mi hanno comunque già detto che questo certificato non ha valenza legale, ma che il part-time rimane sempre a discrezione dell'azienda. Oggi chiamerò il mio oculista e a questo punto, proverò a chiedergli se può scrivere che è molto sconsigliabile tenere le lenti a contatto per piu di 6 ore al giorno, in modo da superare l'escamotage delle pause ogni 10 minuti dal pc. Potrebbe scrivermi che il pc peggiora la situazione, che già non è facile... Ora spero che non mi faccia problemi... E poi andrò alla ASL Se vi interessa vi tengo aggiornati sulla questione e vi faccio sapere come procede :) Grazie mille per i vostri preziosi consigli |
Autore: | luthor [ giovedì 9 maggio 2013, 20:20 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
il part-time non è un diritto nel tuo caso. Tu puoi chiedere solo di essere adibito a mansioni confacenti al tuo stato di salute oppure il medico aziendale può stabilire particolari modalità di svolgimento dell'attività lavorativa (pause più lunghe, ecc.) Nel caso, poi, in cui il tuo stato di salute fosse incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi mansione, diventa legittimo anche il licenziamento. |
Autore: | arisxz [ giovedì 9 maggio 2013, 23:33 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: PART-TIME per cheratocono: l'azienda è tenuta a conceder |
Il mio oculista mi ha rilasciato un certificato dove è scritto che per via del cheratocono (al 5 e ultimo stadio nell occhio destro ) non posso tenere le lenti per più di 6ore al giorno, e ha specificato che essendo sostanzialmente monocola (vedo 1/10 con gli occhiali nell occhio destro) ho problemi visivi ad andare in giro con gli occhiali. Mi sono informata e se posso garantire un lavoro per 5/6 ore al giorno non ci sono estremi x licenziamento. Domani andrò alla asl all ufficio sicurezza e prevenzione nei lavoro e con tutta la documentazione chiederò un ulteriore certificazione, che, anche senza valore legale, avallera il mio stato di salute. Porterò poi tutto al medico aziendale. Vedremo cosa succederà... Cmq se dovessero negarlo, considerando quanto è grande e solida l azienda.. Sarebbero veramente.. Stronzi!!! |
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